LEONOR FINI
Ovvero
DA DIETRO LA MASCHERA
Sigla: 2° Movimento Titano di GUSTAV MAHLER.
(Vento Gabbiani Risacca)
Voce di Leonor
…e continuiamo ad andare lontano; il tempo passa lentamente quando l’amore ti cerca, se poi è una città ad amarti, tutti gli anni che hai vissuto diventano una eco di suoni. Se la chiave di tutto ciò è in fondo al mare, allora siamo noi l’onda che la richiama. Se mai abbiamo avuto voce, cercateci nel grido del gabbiano, nella risacca inquieta del mare che accarezza insoddisfatto il molo, nel rumore del sole che alla sera si tuffa nel buio. Perché siamo state nel tempo di Trieste…Tanti anni fa.
(Sale la musica)
(Musica E.SATIE resta in sottofondo)
LEONOR FINI (PP) (la voce è dietro una maschera)
…ancora una volta li ho stupiti…il mio vestito, la mia maschera, nessuno ha capito che ero io (ride soffocata)…questa sera sono la luna …un miraggio ha sfiorato Umberto e la sua divisa da arrogante ufficialetto, un altro ha accarezzato le mani di Carlo perdendosi nelle pieghe della sua goffaggine un altro raggio ancora ha cercato di perdersi negli occhi neri di Olimpia ritornando carico di calde allusioni…gobba a levante luna calante … sono salita al centro della festa ,il fascino della maschera, la diversità del travestimento … potersi rivedere come altri, ma sempre noi, presenti e lontani insieme. Solo lo specchio nella sua durezza di cristallo ci rimanda impietoso, nudi e indifesi. Il sorriso della maschera diventa fissità dell’oggetto che siamo. Solo la luna(Io) splende alta e intoccata di luce mia. Bianca di biacca. Il bianco. é il colore del l’assenza. Laudato sii Mio Signore per nostra Sorella Luna…Fratello Sole anche questa sera non è venuto…che fai Tu Luna in ciel, dimmi che fai silenziosa Luna?…Ecco il mio silenzio li ha turbati, sono stata l’unica, a non parlare, perchè anche la parola è una maschera, l’ultima barriera. L’ultima barriera prima della curiosità. Ma loro non sono curiosi e parlano, Dio come parlano, ciacole, ciacole, ciacole…la mia distanza curiosa è stata chiara ed eloquente:la luna fa sognare e desiderare …Guardali, non vedon l’ora di togliersi maschera, per esibire quella solita quotidiana familiare, che li fa già morti, irrequieti però, gesticolanti, urlanti, sudanti, tanti…il mio silenzio li ha sviati (ride), la mia presenza li ingombra perchè la maschera che non si svela li mette a confronto con il mistero dell’altro, li sgomenta…Non sanno che ho presentato in mezzo a loro i miei diciassette anni e le mie gambe affusolate che non vedono l’ora di correre via… la luna cala ignota su questa festa di visi noti. Addio baronessa Engelmann, grazie per i curabiè che non ho gustato, i krapfen caldi che non colsi, lo champagne che non bevvi. A presto bella Olimpia, correremo forse un giorno sulla tua riva ombrosa? Addio giovani amici che amate i miei zigomi d’ oriente, ma che ancora una volta mi avete guardato senza vedermi. Addio villa triestina protetta dal colle di Chiadino, parco frusciante che lambisce via Rossetti, vado nella bora, mi eclisso luna nuova, nell’ombra della luna vera.
(Musica Satie)
NARRATORE:
Ipotesi di un itinerario minimo, percorso nell’adolescenza triestina, da Leonor Fini, futura pittrice di fama internazionale, in una fredda notte di carnevale: quel punto di via Rossetti che la nostra giovane luna si trova davanti appena uscita da villa Engelmann, costituisce lo spartiacque tra la alberata zona borghese e i margini brulli di quella popolare. La bora, imparziale, le percorre entrambe. Leonor prende sulla destra. Il mantello argenteo si gonfia, girato l’angolo. Una macchina con chaffeur si ferma. Un domino dalla faccia di velluto la invita a un ballo, ma lei è già lontana l’appuntamento è con la sua voglia di conoscere, di indagare, è con le piccole Percezioni che diventano, attraverso i suoi 17 anni, grandi intuizioni.
(Musica Satie)
NARRATORE:
Una villa illuminata,dall’altra parte della strada selciata case con il loro austero silenzio ottocentesco. Forse uno sguardo la segue da dietro un balcone. Più in là, la luce bianca di un’osteria all’angolo con la via della Pietà, prima di lei, passa sferragliando una carrozza di piazza, un “brum”. .Gli zoccoli del cavallo cavano scintille dal “pavè”. Vis a Vis,un portuale vestito, da “baba’”, vomita il suo carnevale. Via della Pietà scende ripida verso Barriera e nel suo scendere incrocia la Cappella dei morti. Tutti i funerali, di tutti i defunti di tutti i culti, così. stabiliva . un Imperial Regio Editto, da lì partono. Dopo la Cappella, l’Obitorio e dopo questo l’Ospedale Maggiore. E anche Leonor scende rapida via della Pietà; è solo il vento che la sospinge?
(Musica . Satie miagolio di un gatto)
LEONOR FINI:
Micio … (richiama il gatto) qua, micio, non avere paura,lo so che non ne hai … qua, piccolo, qua, tra le mie braccia. Fatti vedere il musino Che buffa macchia hai qui, sul naso. Sei fortunato. Hai incontrato la luna (ride). Puoi cantarle le tue pene d’amore perdute e lei, bianca, ti donerà l’ombra curiosamente nera sul muro sarai una grande macchia che si muove in libertà, qua, sulla Casa dei Morti O B I T O R I O …un luogo che nasconde, che cela…la maschera senza segreti del gatto e il segreto senza maschera della morte …
(miagolio.)
tu sei libero di non sapere chi sono io. ma io voglio essere gatto e luna. Insieme … libera di curiosare, curiosa di liberare…
NARRATORE CUSTODE:
Chi è là ?
LEONOR FINI:
Chi è là?
(MUSICA SATIE)
…Son mi a dir “Chi è là?” Son el custode dei morti, mi. Cossa xé una mascherina? Ma la xe una mascherina omo o una dona? De cossa te son vestì? Con tuti quei ragi te me par una rioda. Ah!’ Désso capisso, te son un Sol … no. No … te son bianca. Ti te son la Luna. Come mai da ste parti? Ma te ga magná la lingua el gato? Ara, ara. La go ancora, mi, qua, tra i dedi (ride) Alora, te se mostri o te cavo mi el sudario, son pratico sa, li cavo e li meto tuto el giorno qua dentro,…
LEONOR FINI (artefacendo la voce):
Sono veramente la luna o sono chi le procura i clienti con o senza denti senza tanti complimenti privi di sentimenti ne tristi né contenti dritti sull’attenti e non più presenti?
NARRATORE CUSTODE:
Ciò, te me remeni, fiol o fiola de un can? Te vol che te molo un smataflon, che la testa te fa dindin e dindon? (conciliante) Son contento che te son capitada qua, mascherina mia, a farme compagnia ti no’ te sa cossa sia star tuta la note solo, là dentro e esser in tanti.
LEONOR FINI (sempre con la voce artefatta):
Memento homo, pulvis es et in pulverem reverteris.
NARRATORE CUSTODE :
Cossa xe,furlan o latin? No’ te sarà miga un nonzolo, un chierichetto, insomma. ma perchè stemo qua, a mezza via, o dentro o fora! Xe tropa zima, cioé fredo, per star in sirada… o te tarochi (Dio come te parlo) in italian o in triestin!), cioè te va o te vien dentro a farte un bicer de bianco fresco; la.dentro xe tuto fresco de giornata … el, gatto no pol entrar perché se no el va a nozze, perchè credo (ridendo) che ghe sia ancora qualche tocheto in giro. Vien con mi maschereta,
(canticchia su un’aria triestina)
“che te giri, per le piazze, pei caffè … “
(non rammenta le parole e inventa liberamente)”
lassa pur che i altri i disi … con ‘sti ragi de ostensorio … te son giusta in obitorio!”.(ride)
LEONOR FINI (artefacendo):
Un volo d’angeli ci accompagni cantando fino al loro riposo
(accenna il motivo di“ maschereta”-ambiente alonato)
LEONOR FINI:
Finalmente posso tramontare, la mezzanotte è passata comincia la quaresima. Via la maschera, via gli orpelli, sciolgo penitente i miei capelli …
NARRATORE CUSTODE( stupito):
ma te son una muleta!
LEONOR FINI:
Prego?
NARRATORE CUSTODE:
Sì, insomma, volevo dire, te son,sei, una donna picia …
LEONOR FINI:
sarebbe a dire?
NARRATORE CUSTODE:
sarebbe a dire che a quest’ora di notte te dovessi esser a casa; te sa ti che incontri te pol fare tutta sola? Omini senza creanza. L’unico posto veramente tranquillo da ‘ste partir xe il mio bugigattolo; i morti no slonga le man, anche se i podessi far… la mano morta! (ride)
LEONOR FINI(ridendo anche lei):
Accetto il suo bicchiere di vino.
NARRATORE CUSTODE:
Ma la ga l’età?.
LEONOR FINI:
Ho il permesso di Re carnevale e perciò tutto vale.
NARRATORE CUSTODE:
Allora prosit. Hai freddo? Prendi la mia svelandrina e sentite. I Morti te fa paura?
LEONOR FINI:
Non so … non li ho mai visti
NARRATORE CUSTODE:
Niente de quel che xe de là, in quella stanza, va perso. Niente si spreca in questo mondo o in quell’ altro. Faccio un po’ di confusione. Ma cossa te vol, tanti ani tanti morti più de Trieste tuta quanta go visto passar de qua, anzi de là. Basta mettersi d’accordo sui termini; lori, se cussì posso chiamarli, i se ne frega. Neutri, insomma Dio che pensieri, davanti a una muleta… per tornare al discorso dello spreco: anche la polvere dell’Imperator Povero Nostro Franz, morto e sepolto, trasformada in creta la podessi tornar utile per serar qualche crepa in un muro. Cussì quella creta cioè quel Cesare che tigniva el mondo in pugno, poderia servir, adesso, a tegnir,col muro, el vento …
(Musica E.Satie- vento)
LEONOR FINI:
Come mai lei è capitato qui?. Uno pensa a un custode dei Morti come a uno…che non pensa, un morto anche lui…cosa racconta del suo lavoro alla sua donna…agli altri
NARRATORE CUSTODE:
El più bel lavor xe quel che no’ se conta . El lavoro tuo te lo conossi solo ti e no i altri, che i te disi de far cussì e de far culì ecetera.Ti e i tui morti e basta. Questa xe (solenne) “ Libertà. Ugualità. Tranquillità … la sa, mi son illuminista.
LEONOR FINI:
Quanto tempo può stare sotto terra un uomo. prima di marcire? NARRATORE CUSTODE:
Dipende dalla salute del corpo.Te sa, scusa se te dago del ti, sempre che nol fussi marzo prima de crepàr. Ai nostri giorni ghe ne xe dei cadaveri ambulanti che i gira, i missia , i volta e po’ i se sfà, cussì, tra le man del bechin, quando el devi metterli in conca…
LEONOR FINI:
Cosa?
NARRATORE CUSTODE:
Sì, zo sottoterra a sburtar radicio …
LEONOR FINI:
Non capisco…
NARRATORE CUSTODE:
Uffa! A vedere l’erba dall’altra parte. Da quella delle radici Comprís? LEONOR FINI:
Oui, monsieur! Vada avanti; il discorso mi interessa sempre più. NARRATORE CUSTODE:
Per tornare al conquibus, un vero vivo che mori ha una discreta autonomia e a marcire ci mette una vita e anche più.Te sa. a mi, una volta me ga porta un sepolto riesumado dopo venti ani. Era uno che conoscevo,un maestro di ricreatorio. Co lo go visto el iera cussì ben in ziera che ghe go dito:”portime” in spalla cantando quella tua canzon…
LEONOR FINI:
Ma sempre così?
NARRATORE CUSTODE:
No, a volte me toca legarli col cordin, che se no, quando li metto nel cappotto de legno i me perdi i brazi e allora mi sembrano tanti arrosti de vedel e con quel cordin che gira penso sempre che ghe manca solo el laverno, el rosmarin … cossa la vol morto chiama vivo e vivo, se pol, no ciama morto!
(parte una musica dolce di Arpa)
A volte arriva, ma raramente, un bel morto, che sembra che el dormi, che el sogni … questa sera, per esempio, verso le 10, portato da una carrozza tutta d’oro, con i cavalli bianchi, avvolto in un mantello azzurro, è arrivato un giovane bello, morto, bianco come una pietra del Carso, morbido, i capelli biondi fini, le labbra ancora rosse non livide dalla rassegnazione. Gli altri si sono rassegnati. Non l’ ho nemmeno coperto con la cerata, per paura di graffiare quel petto liscio e delicato, ma nello stesso tempo ampio … una pianura, un dolce avvallamento dove regna il silenzio del respiro. Le mani forti, una sul ventre, appoggiata con levità, l’ altra lungo il fianco quasi pronta a salutare o ad accarezzare la principessa che lo sveglierà.
(triste e dolce insieme)
Domani 9 partirà con gli altri e come gli altri questa sua bellezza che non vuol sfiorire si spegnerà, zolla dopo zolla, fin dalla prima palata. Non nata ormai, dimenticata.
(E:SATIE)
LEONOR FINI:
Voglio vederlo
NARRATORE:
No’ se pol!
LEONOR FINI:
Perchè?
NARRATORE CUSTODE:
Perchè no’ se pol
LEONOR FINI:
Perchè no?
NARRATORE CUSTODE
Non ho disposizioni in merito
LEONOR FINI:
Se devo conoscere la morte, che sia almeno giovane e bella…
NARRATORE CUSTODE:
E se ghe ciapa mal? Anche se el xe solo in saletta, ghe xe sempre quel odor tipico, sofigado dala spuza de formaldeide. E poi c’è il buio e le ombre della candela fanno strane suggestioni sui…muri… e le se slonga per tera come serpenti …
LEONOR FINI:
Lei è bravo a raccontare favole paurose per dissuadere i bambini. Però, come Alice passava per prova attraverso lo specchio, anch’io devo passare l’uscio dei trapassati. E se non vuole che sia io a farlo ,non potrà impedirlo alla Luna …
NARRATORE CUSTODE:
Se mi scoprono perdo il posto …
LEONOR FINI:
Anche il giovane lo perderà; me lo faccia salutare. Non mi farò conoscere, cosi non potrà rimproverarla per avermi fatto passare . non si può accusare la luna che passa… che va…
NARRATORE CUSTODE:
Va bene! Va bene! prima della traversata bevi ancora un bicchiere. Prosit Ecco la candela…
(alone di spazio vuoto e marmoreo, uno sgocciolar di rubinetto)
LEONOR FINI(voce invecchiata):
Tu, eri là Tra il tuo sguardo socchiuso e il mio corpo, i tuoi piedi di Mantegna. Eravamo alla pari. Non ci potevamo vedere perchè tutti e due avevamo gli occhi chiusi; tu, per un sogno tanto vissuto da non aver più bisogno degli occhi, io, per il pudore di essere colpevole e presente, davanti a te. Ma quanto sarebbe potuta durare questa parità? Io avevo l’urgenza dei miei 17 anni e la fretta di capire le mie forze e i miei sentimenti. Perciò non ti guardai subito. Seguii prima le crepe sul muro, la mia mano rosea che schermava la candela, il rubinetto che perdeva, il pavimento di mattonelle bianche e nere, il basamento di marmo dove tu riposavi. E mi batteva il cuore e mi sentivo viva… e tanto… e tu mi fosti familiare fratello e padre e capii che mi avresti aiutato a capire. Se tu dormivi io avrei vegliato il tuo sonno e vedendoti dormire non avrei temuto che tu non ti destassi. Perché io c’ero e tu con me. Nell’appoggiare la candela sul tavolino, mi ritrovai seduta, luna improbabile, con i raggi di pailettes a lambire una spiaggia senza maree. I miei occhi si posarono oltre l’orizzonte dei tuoi piedi e capii allora che il Cristo deposto del Mantegna fu tolto dalla croce in una notte di luna. Alzai la candela e fu Caravaggio a chiaroscurarti il volto, ma Antonello da Messina ti curò le mani e spianò quell’ombra dolorosa sotto i tuoi occhi. Michelangelo ti regalò quel sesso tenero e sicuro. Donatello ti addolcì i fianchi, stemperandoli in morbide curve
LEONOR FINI: (Voce normale)
Aveva ragione il custode, sei come un sole che domani torna a risplendere e così avanti, giorno dopo giorno, basta che ci sia una luna a incontrarti e a impallidire, anche se nessun “tempo” assisterà mai a questo passaggio. Addio, Fratello Sole …
CUSTODE :
E’ già l’alba e sta già per tornare il sole …
LEONOR FINI:
Lo so.
CUSTODE:
Andiamo! Giù la maschera, sono le Ceneri … ora
LEONOR FINI
dalle ceneri nasce l’impossibile …
NARRATORE CUSTODE:
la vadi drita a casa. ‘ Ndemo che l’accompagno al porton…
(uccelli mattutini)
LEONOR FINI:(miagolio di gatto)
Vede! C’è sempre qualcuno che aspetta Addio! Grazie ….
CUSTODE (PP):
Addio Siora Luna, portime fortuna…
NARRATORE:
Leonor raccolse il gattino e portandolo tra le braccia,nel vuoto della maschera per culla, si avviò quasi di corsa verso la città gonfiata da un refolo di bora.
(Vento e sigla finale)